giovedì 18 ottobre 2012

Il Drago, simbologia, saggezza e via iniziatica



“Il drago è l’animale leggendario che ha caratteristiche appartenenti al serpente, al leone, al coccodrillo.
Nonostante la sua origine fantastica, è profondamente radicato nella
psiche collettiva, e per questa ragione compare di frequente nei sogni dell’uomo moderno e civilizzato.

Protagonista di fiabe e racconti diffusi in tutte le culture fin
dall’antichità, rappresenta le forze oscure e demoniache da combattere
e da vincere, l’istintività incontrollata, i contenuti dell’inconscio più
rinnegati e potenti con cui confrontarsi per conquistare la propria
energia inconscia, per utilizzarla senza farsene asservire.

Il suo significato simbolico spazia da questo aspetto di “ombra” a quello di madre castratrice
e terribile, colei che trattiene ed impedisce la crescita ed il
distacco, che si oppone alla maturità. Sia Jung che Freud riconoscono
nel drago la peculiarità dell’archetipo materno con
cui l’individuo dovrà combattere per potere sentire ed esprimere la
propria carica libidica e la propria sessualità.

Considerato per la sua ferocia e la sua forza un temibile avversario, appare spesso alla soglia di una caverna, nel ruolo di “guardiano” di qualche tesoro, tesoro che l’eroe di turno dovrà conquistare combattendo.
Ogni battaglia col drago diverrà allora metafora della ricerca di un
significato che vada ad ampliare il Se’, e che appare come un tesoro,
allorché viene strappato dalle oscure regioni psichiche in cui si
trova. Così il sognatore viene confrontato con la forza inconscia
dell’ombra da cui egli può attingere forza, che lo può sostenere
nell’affrontare la realtà.
La vittoria sul drago è il trionfo dell’io sulle
forze regressive dell’inconscio che si tradurrà nella capacità di
affrontare e superare i drammi e i cambiamenti che la vita presenta. La lotta col drago dei sogni è allora un rito iniziatico che consente al sognatore di affrontare il proprio “drago interiore” per integrarne la forza (il tesoro) e che gli consentirà, novello eroe, di andare nel mondo.
Anche questo aspetto è importante nella simbologia del drago
perchè contribuisce a definire, in sogno, l’espressione di un potere
naturale latente dell’individuo, a cui potrà accedere attraverso un
percorso di crescita e di conoscenza, in un personalissimo viaggio dell’eroe.”
(Dal Web)
1. Il Drago, via iniziatica
Il Drago è il profumo del cielo. Non si può immaginare il Drago senza
perdere le dimensioni umane. L’uomo non entra quale dominatore
nelle sue strutture; ne è la misura inferiore, quella della attrazione
verso gli ingressi del Drago. Il Drago è il frutto delle idee degli
uomini; è la materializzazione delle loro speranze e desideri, delle
loro paure, ma è allo stesso tempo la materializzazione del mito ed
esiste nei mondi paralleli.
Il Drago verde è la terra. Imparziale e sacro, tutto accoglie e trasforma,
tutto genera: è la nascita e la morte, è la trasformazione
dell’Opera. Dal Drago verde sorgono due mostri. Il primo è quello
fisso, di pietra, tentacolare, affascinante nella sua forma immota
di demone costrittore, che appare però protettivo come il grembo
materno, ammaliatore come il sottile fascino di Venere nelle sue
rovine di marmo biancheggianti come ossa. È lo scheletro, l’immutabile,
ciò che sostiene. Non ci si può avventurare nei sottili piani
dello spirito se non si è muniti di corpo. Questo primo mostro è “il
costruito”, la città; è l’Idra dalle mille teste, la medusa che impietrisce
e dalla cui testa recisa nasce Pegaso, il secondo mostro. È
nato dai vapori stessi della terra ed è nel contempo figlio della pura
luce dello spirito. Ha le zampe sulla terra, dove cammina, le ali
per volare nel cielo e la testa che si dissolve nell’assoluto, nella pu
ra vibrazione; il suo corpo è composto di otto parti, la coda è la
quintessenza del veleno.
Chi si avvicina a lui e vi sale dentro lo fa dagli ingressi che più gli
si confanno e che sente simili a sé. Le trasformazioni che subirà, una
volta dentro, saranno irreversibili: mai più ritornerà come quando vi
è entrato, non sarà mai più lo stesso uomo. Può solo salire, andare
verso l’alto, verso il riconoscimento di se stesso, della sua totalità,
della sua unione con lo spirito. La sua meta è arrivare alla testa, alla
sorgente della pura luce, del puro suono: quello che cambia è solo la
lunghezza del percorso da compiere.
C’è chi entra dall’ano, chi dagli intestini, coda, fegato, stomaco,
cuore, gola, polmoni, chi direttamente dalla testa. Ognuno avrà un
differente cammino, ma attraverserà assolutamente tutto ciò che la
sua natura richiede per liberarsi da tutte le scorie. Non dimenticherà
più niente, ma comprenderà tutto lo svolgimento dell’esistenza, nella
sua totalità, dalle forme più basse a quelle più alte. Sarà nel mondo,
ma non ne sarà più schiavo. Chi arriverà alla testa guiderà il Drago.
Tutte le creature vivono, dormono, mangiano e lavorano dentro il
Drago. Arriva il momento in cui il Drago, pieno di uomini, abbandona
le sue zampe sulla terra e apre le sue ali. La Forza che lo muove è
energia cosmica presa dalle “ruote delle criniere”, insieme all’energia
che gli uomini che stanno dentro di lui generano e irradiano. I due
mostri, quello fisso della città, e quello volante, si fissano e si affrontano.
Il mostro fisso cerca di resistere, sa che non deve farsi toccare,
neanche per un istante, dal Drago del cielo.
Il Drago ha la proprietà di trasformare tutto ciò che tocca in qualcosa
di simile a lui; egli è la Pietra Filosofale. Nel momento della lotta
il Drago lancia fiamme dalla bocca e niente può fermare il suo
cammino.
Ma dove è ora il Drago? Ha vinto ma dove è andato? La sua dimora
non è più di questa terra, il suo compito è distruggere l’ignoranza.
Se ne è volato via; è la Barca del cielo che prosegue il suo
percorso negli universi paralleli per ritornare forse in un prossimo
eone. Ora il suo compito è terminato. È ridiventato pura energia e
la sua forma non è più visibile all’occhio umano, ma esiste quale
forza dinamica e spirituale, nella dimensione della consapevolezza
atemporale. Il suo messaggio sulla terra sarà propagato dagli uomini totali,
che una volta erano in lui e che sono stati “seminati” sulla terra nel
momento della sua dissoluzione. Ognuno di loro è il Drago, e il Drago
è in ognuno di loro.
La storia dei due contendenti si ripeterà all’infinito, sempre nuova
e sempre simile, con il ricordo dell’origine degli esseri nuovi e
della lotta trasformante e liberatrice. La loro esistenza sarà per sempre
parte del loro Tutto, il grande Drago.
Il Drago è soprattutto una via iniziatica e una disciplina esoterica.
Corrisponde alle quattro direzioni: con il Drago si osservano le stelle
(nord), si viaggia per le stelle (est), si è nelle stelle (ovest ), si diventa
una stella (sud).
da il libro del Drago di A.Veggi

martedì 16 ottobre 2012

Il Graal, il Calice e la Dea


Il mistero del Sacro Graal
di Diletta Gatti
Il termine Graal deriva dal latino “gradalis”, che significa tazza, coppa, calice.
Questi oggetti, simili tra loro e di forma tondeggiante rappresentano il grembo fecondo della terra sia nelle tradizioni greco-romane che nelle simbologie ebraiche.
Per i cristiani il Graal è un oggetto di decifrazione incerta che dà luogo alle più diverse interpretazioni. Emblema delle fasi cruciali della vita di Gesù, per alcuni è il calice dell’ultima cena, la coppa nella quale Giuseppe d’Arimatea ha raccolto il sangue sgorgato dal costato del crocifisso, per altri è invece una sorta di lancia magica, assimilabile a quella del soldato romano che ferì il corpo del Cristo morente.
Per i celti, il mito del prodigioso calice è legato a una leggenda secondo la quale Giuseppe d’Arimatea raggiunse la Britannia subito dopo aver raccolto il sangue del Redentore in una coppa. Qui consegnò il sacro oggetto nelle mani del “re pescatore”, un personaggio misterioso di cui non si ebbe più notizia.
Nella letteratura cavalleresca (in particolare la storia dei Rosacroce), la Sacra Coppa e le vicende legate alla sua ricerca sono invece il riflesso della complessa avventura spirituale dell’uomo, un percorso esistenziale che, se compiuto fino in fondo, spalanca le porte del “regno dei cieli”. Per prendere possesso del divino calice è dunque perentoria una radicale trasformazione del cuore e dello spirito. Solo infatti i puri di cuore, gli audaci e coloro che rasentano l’umana perfezione potranno, dopo un’ardua battaglia interiore, fare proprio l’agognato “oggetto”.
Secondo il filosofo Julius Evola, la Sacra coppa è un’entità soprannaturale che nutre, guarisce e illumina, un dono divino disponibile per pochi eletti. Simbolo per antonomasia di ciò che è irraggiungibile, non è perciò materia, ma è bensì un’idea, una metafora di ambito metafisico connessa ai concetti di Sapienza e di Immortalità (“il Graal è dentro ognuno noi”).
Cinema e Graal: tra sacro e profano
Excalibur (1981) di John Boorman

La leggenda del Graal, qui rappresentata in modo poetico e pittoresco, è espressione di un profondo anelito di sacralità, della ricerca di una maturazione esistenziale e di un ritorno alla Natura e agli antichi culti pagani.
La leggenda del re pescatore (1991) di Terry Gilliam

Trasposizione folle e modernissima della leggenda del Graal, interpretata da un istrionico Robin Williams e da un grande Jeff Bridges. Gilliam dirige una favola romantica e surreale dove i miti del mondo antico costituiscono l’antidoto alle paure e alle alienazioni di oggi.
Il mistero dei templari (2004) di Jon Turteltaub

Nicolas Cage sulle tracce del mitico tesoro dei Templari (Graal incluso) tra inseguimenti spericolati, esoterismo spicciolo e americanate a go go.
Sulla scia di Indiana Jones, un film d’avventura dal ritmo incalzante, godibile nonostante la latitanza di contenuti.
Il codice Da Vinci (2006) di Ron Howard
Il film, così come l’omonimo romanzo di Dan Brown, trae spunto dalla celebre leggenda di Rennes- le-Chateau.
Seguendo questo singolare approccio, il Santo Graal altro non è che la stirpe discesa dal Salvatore, la proiezione del “sangue reale” di cui erano guardiani i templari. Secondo tale enunciato Maria Maddalena,“la peccatrice”, era la compagna e l’amante di Gesù, al quale avrebbe dato una figlia. Dopo la morte del Cristo la donna, fuggita in Gallia con la bambina, sarebbe divenuta la capostipite della dinastia dei Merovingi. La teoria che precede non modifica tuttavia il concetto originale del Graal che rimane legato, sempre e comunque, al contenitore che ha ospitato il sangue di Gesù, qui metafora del concepimento nel grembo della Maddalena.

(http://www.mondorosashokking.com/archivio/Default.aspx_tabid%3D164.html)
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Il santo Graal
 
 Intorno al Santo Graal sono nate nel corso degli anni,tante leggende che hanno affascinato e stimolato la fantasia di numerosi scrittori di tutti i tempi. In alcune leggende  viene descritto come il calice usato da Cristo nell’Ultima Cena, mentre per altre rappresenta la coppa in cui Giuseppe d’Arimatea avrebbe raccolto il sangue di Cristo dalla croce. Per quanto riguarda la leggenda sorta in Spagna e in Francia intorno al 1100, il Graal è un oggetto sacro e misterioso che viene custodito in un tempio o castello in Bretagna. Essa narra che solo ai puri di cuore è dato raggiungerlo e i mortali che vi riusciranno, conquisteranno la felicità terrena e celeste.
 
 Esistono però anche molte altre versioni risalenti addirittura al IV sec.: narrano che Maria Maddalena fuggita dalla terra santa, portò il Santo Graal con sé in Francia, precisamente a  Marsiglia, dove sono tuttora venerate le sue presunte reliquie.Nel secolo XV questa tradizione aveva già assunto un’importanza enorme nei personaggi come Renato d’Angiò, che faceva collezione di “coppe Graal”.Nuovi elementi  li ritroviamo in “Le Grand Graal”, un testo di un autore sconosciuto, che continua e integra il racconto del “Joseph di Arimathie”. Il Graal viene associato a un libro scritto da Gesù Cristo, alla cui lettura può accedere solo chi è in grazia di Dio e le verità di fede che esso contiene non potranno mai essere pronunciate da lingua mortale senza che i quattro elementi ne vengano sconvolti. Se ciò, infatti, dovesse accadere, i cieli cadrebbero, l’aria tremerebbe, la terra sprofonderebbe e l’acqua cambierebbe colore. Da questo si deduce che il libro-coppa possiede un terribile potere.Ma perché il calice fu portato proprio in Inghilterra? I sostenitori della sua esistenza affermano che durante la sua permanenza in Cornovaglia, Gesù aveva ricevuto in dono una coppa rituale da un Druido convertito al cristianesimo e quell’oggetto gli era particolarmente caro. Dopo la crocefissione, Giuseppe d’Arimatea aveva voluto riportarla al donatore ulteriormente santificata dal sangue di Cristo; il Druido in questione era Merlino.Comunque sia ,le peripezie subite dal Graal varianol a seconda delle varie fonti. Giunto a destinazione Giuseppe affida la coppa a un guardiano soprannominato “Ricco Pescatore” o “Re Pescatore” perché, come Gesù, ha sfamato un gran numero di persone moltiplicando un solo pesce.  Sulla Britannia si abbatte una maledizione chiamata dai Celti Wasteland , uno stato di carestia e devastazione sia fisica che spirituale. Per annullare il Wasteland – spiega Merlino ad Artù – è necessario ritrovare il Graal, simbolo della purezza perduta. Un Cavaliere (Parsifal o Galaad “il Cavaliere vergine”) occupa allora lo “Scranno periglioso”, una sedia tenuta vuota alla Tavola Rotonda, su cui può sedersi (pena l’annientamento) solo “il Cavaliere più virtuoso del mondo”, colui che è stato predestinato a trovare il Graal. Ispirato da sogni e presagi, e superando una serie di prove perigliose come il “Cimitero periglioso”, il “Ponte periglioso”, la “Foresta perigliosa” … Parsifal rintraccia Corbenic, il Castello del Graal e giunge al cospetto della Sacra Coppa. Non osa però porre le domande “Cos è il Graal? Di chi esso è servitore?”, contravvenendo così al suggerimento evangelico “Bussate e vi sarà aperto” e così il Graal scompare di nuovo.Dopo che il Cavaliere ha trascorso alcuni anni in meditazione, la ricerca riprende e finalmente Parsifal (o Galaad) pone il quesito, a cui viene risposto. “È il piatto nel quale Gesù Cristo mangiò l’agnello con i suoi discepoli il giorno di Pasqua. (…) E perchè questo piatto fu grato a tutti lo si chiama Santo Graal”. Il Re Magagnato si riprende, il Wasteland finisce; Re Artù muore a Camlann e Merlino sparisce nella sua tomba di cristallo. Il Graal viene a questo punto, siamo intorno al 540 dc., riportato da Parsifal a Sarraz, una terra impossibile da situare geograficamente; non è infatti in Egitto, ma “vi si vede da lontano il Grande Nilo” e il suo Re combatte contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolomaica si estinse prima di Cristo.Per secoli non si parla più del Graal, finché, verso la fine del XII secolo, esso torna improvvisamente alla ribalta a causa delle Crociate. A partire dal 1095, molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa, entrando in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche dei quei luoghi e sicuramente qualcuna di esse parlava del Graal, un sacro oggetto dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l’Europa e vi si diffuse.
Quali i nascondigli più probabili?
1) Il Graal si trova nel castello di Gisors – I Cavalieri Templari avevano stretto rapporti con la Setta degli Assassini, un gruppo  ismailita che adorava una misteriosa divinità chiamata Bafometto . Per alcuni il Bafometto altro non era che il Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Templari, che lo avevano portato in Francia verso la metà del XII secolo. Se le cose fossero davvero andate così, ora il Graal si troverebbe tra i leggendari tesori dei templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo del castello di GISORS.
2)Il Graal si trova in Italia, a Castel del Monte – I Cavalieri Teutonici – fondati nel 1190 – vengono in contatto sia con i mistici Sufi – una setta islamica che adorava il Dio delle tre religioni, Ebraica, Islamica e Cristiana – sia con l’ illuminato Imperatore Federico II Hohenstaufen, seguace di quella dottrina. Tramite i Cavalieri Teutonici, i Sufi avrebbero affidato il Graal all’Imperatore, affinché lo proteggesse dalle distruzioni scatenate dai Crociati. In tal caso, il Graal si troverebbe a Castel del Monte, un palazzo a forma di coppa ottagonale edificato per custodirlo.
3)Il Graal si trova a Takht-I-Sulaiman – Secondo questa ipotesi il Grall sarebbe il simbolico “Fuoco Reale” fonte della conoscenza, adorato dai seguaci di Zarathustra a Takht-I-Sulaiman, il principale centro del culto di Zoroastro. Takht-I-Sulaiman potrebbe essere  la mitica Sarraz, da cui il Graal (Fuoco Reale) giunse, a cui ritornò e dove forse si trova ancora.
4)Il Graal si trova nel Castello di Montsegur – Dopo che il culto di Zoroastro venne abolito, alcune delle sue dottrine furono adottate dai Manichei e, di seguito, dai Catari o Albigesi; questi ultimi erano giunti in Europa dal Medio Oriente, passando per la Turchia e i Balcani, e si erano stabiliti in Francia nel XII secolo. Nel 1244, dopo la persecuzione da parte del Papato e dei francesi, furono sterminati nella loro fortezza di Montsegur; se avessero portato con loro la sacra coppa, ora esso potrebbe trovarsi insieme al resto del loro tesoro in qualche misterioso nascondiglio del castello.
Oltre a queste teorie ne esistono altre più fantasiose
a)Il Graal si trova a Torino – Importato dai pellegrini che si spostavano per durante il medioevo o forse dai Savoia e,insieme alla Sacra Sindone, sarebbe giunto fin in piemonte; le statue del sagrato del tempio della Gran Madre di Dio, sulle rive del Po, indicano, a chi è in grado di comprenderne la complessa simbologia, il nascondiglio della Coppa.
b)Il Graal si trova a Bari – Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le spoglie di San Nicola, ed edificata una basilica. In realtà la translazione del Santo era solo la copertura per un ritrovamento ben più importante, quello del Graal. I mercanti erano in realtà cavalieri in missione segreta per conto di Papa Gregorio VII. Il Pontefice era al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua ricerca, né l’eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano o comunque il simbolo di una religione ancor più universale di quella cattolica. Gli premeva di recuperarlo da Sarraz in quanto temeva che la sua presenza in Turchia avrebbe aiutato i Saraceni nella loro espansione ai danni dell’Impero Bizantino, e avrebbe nociuto all’ intervento delle forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. La scelta di custodire il Graal a Bari anziché a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri per la Terra Santa, 1) il Graal avrebbe riversato su di loro i suoi benefici effetti;2)  la sua presenza avrebbe protetto Roberto il Guiscardo, Re normanno di Puglie, principale alleato del Papa nella lotta contro Enrico IV. A convalida dell’avvenimento, sul portale della cattedrale, si trova l’immagine di Re Artù e un’indicazione stilizzata del nascondiglio.
http://www.antoniogenna.net/doppiaggio/radio/ilgraal.jpg
(http://fairydoll.myblog.it/archive/2009/01/15/il-santo-graal.html)
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Il Sacro Graal racchiuso nella donna
sacro calice della donna
Il sincronismo del ciclo della donna con quello della Luna riflette anche il legame tra la donna e il divino.Attraverso il suo ciclo la donna porta il mistero della vita nel suo corpo ed è in grado di dare la vita e di assicurare un futuro alla sua gente.
Portando l’immanifesto nel mondo della creazione, ogni donna possiede i poteri creativi e sostentativi dell’universo.
Il ciclo mestruale dell’utero della donna era visto come ciclo di vita e di fertilità durante l’ovulazione,e di fertilità e morte durante le mestruazioni;esso era rappresentato dalle fasi lunari e ricordava le stagioni della terra.
In molti miti questo mistero dell’utero è rappresentato da un vaso magico.
Nelle leggende del Graal prende la forma di un calice;nell’antica mitologia celtica assume la forma di un calderone e nei testi di alchimia quella di un alambicco.Questi vasi offrono abbondanza, fertilità, vita, trasformazione, iniziazione e ispirazione spirituale.
Le leggende del Graal offrono una particolare comprensione e consapevolezza delle energie del ciclo delle donne.
Si suppone che il Santo Graal fosse la coppa dove Gesù Cristo bevve durante l’Ultima Cena, in seguito conservato da Giuseppe di Arimatea per raccogliere il sangue delle ferite del Cristo morente.
Esso era fonte di vita e di morte ma anche di ispirazione spirituale, infatti coloro che lo ottenevano morivano a questo mondo e rinascevano in quello dello spirito.
Il Graal poteva offrire vino bianco o rosso;come l’utero può offrire i poteri dell’ovulazione o delle mestruazioni.
Le donne in queste storie non ricercano il Graal, perchè esso rappresenta i poteri divini femminili che già risiedono in loro.Qui le figure femminili riflettono i differenti aspetti della stessa donna.Le leggenda del Graal rivelano alle donne la loro vera natura e, come portatrici del Graal, il loro bisogno di conoscere tutti gli aspetti delle sue energie dentro se stesse e il modo di esprimerle in questo mondo…
Esiste “Colei che misura” e che rappresenta tutte le donne.E’ creata quando ebbe inizio il ciclo della prima donna e da allora terrà il ritmo ciclico delle donne fino alla fine dei tempi.
Ella simboleggia il potere del tempo, le energie creative della civiltà e della vita stessa.
Una volta al mese:
VERSA UNA LACRIMA SALATA, “L’ACQUA DELLA VITA”, UN UOVO E UNA GOCCIA DI SANGUE, “LA SORGENTE DELLA VITA”,dentro una coppa….l’utero…
(Luna rossa-Miranda Gray)

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Luna rossa-Miranda Gray



Artù…un indovinello…e un archetipo femminile da scoprire…

……ai tempi…Re Artù venne sfidato e battuto dal misterioso Cavaliere Nero…
Invece di ucciderlo,il cavaliere gli pone un indovinello a cui deve rispondere entro tre giorni,altrimenti perderà la vita e il suo regno.
L’indovinello era il seguente:<< Cos’è che una donna desidera più di ogni altra cosa?”>>.
Al suo ritorno a Camelot,Artù ferma ogni donna che incontra e pone la fatidica domanda ma,sfortunatamente,riceve una risposta diversa da ognuna.
Alla fine Artù incontra nel bosco una vecchia brutta e deforme che dice di poter risolvere l’indovinello,ma che lo farà solo se Artù esaudirà un suo desiderio.Disperato, il re accondiscente e l’indovinello viene risolto salvando, così, la sua vita e il suo regno.Tuttavia egli scopre con orrore che il prezzo che la strega chiede è di poter sposare uno dei suoi cavalieri.
Presentando l’Orribile Signora a corte,Artù non è sorpreso di vedere che ella viene accolta con ripugnanza dai suoi cavalieri e che il pensiero del matrimonio con una tale sposa è assurdo per tutti loro.Tuttavia,il galante cavaliere Sir Gawain propone,tra lo stupore della corte,di sposare la vecchia con una grande festa.
Durante la prima notte di nozze, quando Gawain porta l’orribile donna a letto, lei improvvisamente si trasforma in una fanciulla bellissima.
Ella gli spiega di essere sotto l’effetto di un incantesimo e che sposandola, Gawain ha già annullato metà della sua efficacia ma che, se risponderà correttamente a una domanda, lei sarà completamente libera.La fanciulla quindi chiede:-Preferiresti avermi bella durante il giorno o durante la notte?-Gawain incapace di decidersi;se rimanesse bella di notte sarebbe una piacevole amante ma se fosse bella di giorno egli guadagnerebbe il rispetto e l’invidia della corte.
Disperato Gawain dice alla sposa che deve essere lei a decidere….e questa risulta essere la risposta giusta;l’incantesimo si rompe lasciando la donna incantevole sia di giorno che di notte.
La risposta a entrambi gli indovinelli posti a d Artù e a Gawain è la stessa;una donna deve essere fedele alla sua natura….
La cosa che una donna desidera di più è di essere accettata così com’è.
La società maschile tende ad inquadrare le donne in un’immagine lineare, stereotipata, ignorando la loro natura ciclica.Essendole stata data la possibilità di scegliere tra i due poli della sua natura, l’orribile signora fu in grado di assorbire tutti i suoi aspetti,diventando così una donna bella ed equilibrata.E’ importante notare che in entrambi i casi è l’uomo che deve prendere coscienza di questo fatto.Nelle società occidentali,a una donna è raramente permesso di essere veramente se stessa ed è necessario che lei ponga un indovinello agli uomini per risvegliare la loro consapevolezza….(La Luna rossa-Miranda Gray)
pretresse
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Le energie della Madre -ciclo lunare

Le energie della Madre sono presenti nel periodo dell’ovulazione e anch’esse sono radianti, ma con una frequenza differente da quelle della Vergine.
Questo è un periodo per donare se stesse, il proprio amore e le proprie qualità, e riconoscere il legame con la terra. Nella società moderna, l’intelligenza, la forza e la saggezza sono qualità che non vengono più associate alla maternità; l’abilità e la virtù necessaria per accudire e nutrire con pazienza.
La fase della Madre è un periodo di forza ed energia ma, a differenza della Vergine, l’energia è ora espressa senza egocentrismo, è radiante piuttosto che dinamica.
Questa fase porta con sè un forte impulso sessuale accompagnato a un profondo amore per il partner.
Fare l’amore dona molta gioia, soprattutto nel dare totalmente se stesse al partner e procurargli piacere. L’attenzione e l’amore che sentite aprono la consapevolezza a un livello più profondo nel quale sentite di essere più mature e di prendervi cura di lui come un figlio.
Sentirete il desiderio di aiutare il prossimo e la società in cui si vive, e ciò deriva dalla consapevolezza spirituale di essere parte della meraviglia della natura e del divino. Come la sessualità, anche l’energia creativa è molto forte e i sogni possono essere vividi con immagini e temi ricorrenti
Durante la fase della Madre potreste notare che il vostro modo di vestire tende a esprimere i temi della natura e della madre terra nello stile e nei colori.Diversamente dalla femminilità superficiale della fase della Vergine, questa ha grande profondità, più femminile e fluente.
La migliore espressione della fase della Madre è il corpo stesso e potreste sentire il bisogno di girare per casa senza vestiti; fatelo e, se è possibile fatelo all’aria aperta, in campagna(senza che nessuno vi disturbi); esponete il seno al sole e alla brezza come espressione di apertura del vostro sè alla natura e all’energia creativa della vita.Questa fase offre un’opportunità di grande gioia nell’offrire voi stesse, le vostre qualità, l’attenzione e l’aiuto agli altri.La Madre ha la capacità di assumersi la responsabilità per gli altri, di accudire, di amare, di offrire guida, consiglio e compassione.Potrà succedere che la gente vi avvicini e si sfoghi con voi raccontando i propri problemi, chiedendo aiuto e consiglio, senza alcun invito da parte vostra.
La fase della Madre può essere il periodo giusto per andare a far visita a vostra madre; lei è l’origine della vostra vita come voi siete l’origine dei vostri figli; siete uguale a lei come donna, quindi condividete il legame che va oltre le differenze generazionali e l’apparenza.Attraverso vostra madre vedete il filo della vita che si svolge all’indietro, nel passato, e lei vede in voi il legame che coduce verso il futuro.
La luce splendente della Madre porta energia creativa dall’utero oscuro della fase della Strega.La sua luce irradia verso l’esterno, inglobando tutta la vita.Nella luce della luna piena rinnovate il vostro legame con il divino nella natura e in voi.
In questa fase potreste sentire un’improvvisa spinta a fare nuove cose per la casa, per esempio ridecorarla o semplicemente riordinarla in modo diverso.Se avete un giardino potreste occuparvi delle piante e dei fiori.Cercate di usare questa energia producendo qualcosa di concreto: dipingendo,suonando, scrivendo, praticando qualche forma di artigianato o semplicemente cucinando qualcosa di speciale. Mentre fate questo siate coscienti del fatto che state creando qualcosa, anche se può sembrare banale e parte della routine.
Una donna che reprime le energie della Madre sarà inconsapevole del profondo legame di condivisione e cura con altre persone. Una donna che, invece, permette a queste energie di prevalere sulle altre, può diventare passiva, senza ambizioni per la sua vita e insicura in ogni altro ambito che non sia quello della sua casa;spesso viene sfruttata per il suo ruolo di nutrice che dà se stessa senza riguardo per le proprie necessità.La famiglia può diventare l’unica sua ragione di vita e sarà, probabilmente, incapace di adattarsi quando i figli lasceranno la casa per costruirsi una loro vita.
(Luna rossa-Miranda Gray)

Il labirinto e la danza a spirale


La Danza del Labirinto
di Alessandro Zabini*Nel tempo in cui il mondo era giovane e i numi erano così vicini da poterne percepire il fulgore che pulsava sempre in ogni cosa, allora, nei momenti di passaggio e nelle notti di plenilunio, si danzava la danza a spirale, attraverso la quale si apriva l’Altrove, in cui era possibile incontrare la Signora del Labirinto.




Nella notte d’autunno, nella radura illuminata dalla Luna piena e immersa nel bosco ombroso, presso una sorgente gorgogliante fra la roccia e il muschio di una grotta, con i passi agili e lievi ritmati dal canto, donne e uomini nudi in lunghissimo corteo, tenendosi per la mano o per il polso, danzavano verso sinistra, invertendo spesso la direzione, trovandosi più volte fila contro fila, gli uni di fronte agli altri, quelli che precedevano scorrendo parallelamente a quelli che seguivano, sempre muovendo dall’esterno verso l’interno, e tracciando così, invisibile sul prato, un’ampia spirale di volute, di meandri e di circonvoluzioni, simile a quella che i sapienti riconoscevano nel fegato divinatorio.
Così, avvolgendosi e svolgendosi, la spirale si chiudeva sempre di più verso il proprio centro, mentre ciascuno, danzando sul prato, discendeva a poco a poco in se stesso, nelle profondità più abissali e più intime, verso il proprio centro, là dove si manifestava il numinoso.
Quando il movimento della danza si chiudeva, la fanciulla alla guida del corteo, sacerdotessa della Dèa, giungeva al centro della spirale, la quale coincideva sia con il centro interiore di ciascun danzatore, sia con la dimora divina, e si apriva come una porta. Allora si scioglieva nei danzatori il desiderio di essere liberi, di fuggire, di alzarsi in volo. In ciascuno si annullava ogni separazione fra individuo e Natura, fra umano e Numinoso, fra mondo e Altrove. Il tempo si fermava, scompariva. Ognuno allora moriva, l’anima abbandonava il corpo e s’involava. Varcando la soglia dell’Altrove, trapassava nel Bosco Segreto, al di fuori del tempo e dello spazio, laddove ogni distinzione fra vita e morte era dissolta. Infine giungeva alla Fonte, e là incontrava una Dèa tanto antica da non avere nome, chiamata semplicemente Signora del Labirinto.
In seguito a tale incontro, l’anima poteva varcare di nuovo la soglia dell’Altrove, ritornare indietro, al centro interiore, che allora si richiudeva. Per tutto il tempo i danzatori si erano tenuti per mano in modo da non smarrirsi, per non annullarsi, per tornare indietro. La spirale chiusa si riapriva e i danzatori muovevano verso destra per tornare indietro, procedendo dall’interno verso l’esterno, nel ripercorrere a ritroso i meandri e le circonvoluzioni invisibilmente tracciati in precedenza dal movimento della danza, presso una sorgente gorgogliante fra la roccia e il muschio di una grotta, sul prato della radura immersa nel bosco ombroso e illuminata dalla Luna piena. Così uscivano dal labirinto in cui si erano addentrati.
La forma conosciuta come disegno o come struttura nei tempi successivi, quando i numi e il loro fulgore si erano ormai tanto allontanati che le movenze della danza a spirale non erano più spontanee, ovvero il labirinto, era nei tempi arcaici un movimento, perché di null’altro si aveva bisogno: il movimento della danza a spirale sotto la Luna, con cui si tracciava un infinito meandro spiraliforme, immagine della Notte infinita, al centro della quale splendeva l’astro che si rinnovava in eterno, la Luna. Come simbolo, il labirinto equivale alla foresta, alla grotta, al sotterraneo. Anch’esso raffigura il mondo infero, in cui si discende e da cui si risale. Al tempo stesso, esso rappresenta il movimento medesimo della discesa e della risalita tracciato dalla danza a spirale, cioè la morte e la rinascita, doni della divinità che laggiù s’incontra: la Signora del Labirinto. In questa Dèa si può dunque riconoscere la fanciulla divina e lunare della religione arcaica, Luna e Signora del Regno dei Morti, dotata del potere di riportare alla vita, ossia la divinità primeva e ctonia che era l’Armonia arcaica fra vita e morte, individuo e Natura, umano e Numinoso, mondo e Altrove.
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Affini alla Signora del Labirinto erano quelle divinità, le quali, al pari di lei, riunivano vita e morte, ovvero Afrodite, Artemide, Britomarte, e Persefone più di ogni altra. La danza a spirale si danzava a Creta, dove la guidava colei che conosceva il segreto del labirinto, e dunque non era figlia di re, bensì Dèa, Arianna, la cui divinità è suggerita dai suoi stessi nomi: quello greco, Ariadne, «purissima», dèa degli inferi, il cui dono agli umani era l’uscita dal labirinto, ritorno dal regno della morte, dal mondo ctonio da cui la Luna risorge; e quello cretese, ossia Aridela, «chiarissima», la quale poteva tornare dal mondo infero e apparire in cielo come la Luna. Purissime erano Artemide e soprattutto Persefone, la quale dal regno della morte era tornata, periodicamente tornava, e così dispensava il dono della rinascita. Entrambe le divine fanciulle purissime erano fuggiasche, insidiate dai rapitori, come Luna, e come Britomarte, dolce vergine cacciatrice, inseguita per nove mesi da Minosse. La Signora del Labirinto era dunque la Dèa degli Inferi, Persefone, Luna, Dèa Natura. Era la Dèa al cui cospetto e nella cui luce si snodava il movimento della danza a spirale, la Luna piena, quando, al momento della rinascita, era un vaso colmo di Miele, cioè quando la Signora del Labirinto aveva ricevuto la sua offerta.
Si apprende infatti dalle iscrizioni su un’antichissima tavoletta proveniente da Cnosso, testimonianza di una religione più antica di quella omerica, che alla Signora del Labirinto era offerta quella sostanza che sin dall’epoca arcaica era nutrimento agli umani, chiamata «dolce cibo degli dèi» (1), perché di essa i numi si erano nutriti prima ancora che dell’ambrosia: «Miele alla Signora del Labirinto», o «Un vaso di miele per la Signora del Labirinto, e anche «Miele a tutti gli dèi» (2).
Come i semplici ricavati dalle erbe, il miele ricavato dai fiori era dono della Dèa, la quale spontaneamente provvedeva ad ogni cosa. Era dolce cibo divino, offerta degna delle divinità infere, dolci come miele, da cui si riceveva immensa beatitudine. Così le era sacrificato, dedicato, restituito con amore, spontaneo sacrificio a colei che spontaneamente donava l’infinito rinnovamento della vita senza esserne implorata, e si manifestava a coloro i quali, nudi, inebriati di canto, di danza e di miele, di dolcezza e di armonia, volavano Altrove ad incontrarla. Questo era il sacrificio grato alla Signora del Labirinto. Soltanto chi aveva spezzato l’antica Armonia e ricorreva al rifiuto dell’amore divino, alla forza e all’imposizione, sarebbe stato costretto a spargere sangue in sacrificio cruento per accedere all’Altrove, incapace di scendere al mondo infero in estasi e con amore, inebriandosi di canto, di danza e di miele.
Il nettare dorato che la Notte aveva suggerito a Zeus di offrire a Crono, affinché questi se ne saziasse e ne fosse inebriato come lo sarebbe stato dal vino, che ancora non esisteva, e quindi si addormentasse «sotto le querce dalle alte foglie», era «frutto del lavoro delle api ronzanti» (3), dunque era dono di Melissa, dèa luminosa della Natura lussureggiante, dei fiori sgargianti e rigogliosi, dei prati soleggiati, delle radure odorose, dei boschetti ombrosi, delle acque chioccolanti, la quale poteva assumere a proprio piacimento, appunto, forma di ape e forma di fanciulla. Un’antica laminetta in oro la raffigurava in forma ibrida e leggiadra di fanciulla alata, con morbido corpo d’ape dalla vita in giù. Come si conveniva alle iniziate ai misteri della dèa sotterranea, le sacerdotesse di Demetra erano chiamate Melissai, e Melitode era chiamata Kore, la figlia della Dèa. Melissa era detta anche la Luna, e libagioni di miele erano offerte alle divinità ctonie perché il miele era anche simbolo di morte.
Nella Signora del Labirinto e in Melissa si possono dunque riconoscere due aspetti della Dèa Natura. La prima era argentea, notturna e tenebrosa, divinità dell’Aldilà e del Mondo Infero, Luna che sorgeva dalle profondità della Terra. La seconda era dorata, diurna e luminosa, divinità della Natura rigogliosa dei prati soleggiati e fioriti, cioè del Mondo Supero, su cui la Luna spandeva la sua pallida luce la notte, nella fase di rinascita del suo perenne rinnovamento. Nondimeno non esisteva vera separazione né vera opposizione fra notte e giorno, fra luce d’argento e luce d’oro, fra Mondo Infero e Mondo Supero, come non ve n’era fra vita e morte, né fra individuo e Natura, né fra umani e animali.
Sebbene diurna e luminosa, anche Melissa, dispensatrice di miele, era Luna come la notturna e tenebrosa Signora del Labirinto, fanciulla lunare, coppa di miele (4). Così, la Luna, attraverso le figlie danzatrici, sacrificava miele alla Luna, offriva il proprio oro lunare a se stessa, né avrebbe potuto essere altrimenti, poiché nulla rimane esterno alla Dèa Natura. Come Melissa e come la Signora del Labirinto, tutti i suoi aspetti erano interconnessi nella sua Armonia universale, rappresentata nella danza a spirale, immagine della vita come perenne rinnovamento e continuazione infinita, in cui dalla morte si poteva tornare.
Nei tempi dell’Armonia e del fulgore, quando ovunque apparivano i Numi, prima del patriarcato e dei sacrifici cruenti, l’uomo non s’illudeva presuntuosamente di essere centro del mondo, né manifestazione privilegiata e superiore dell’universo, bensì sentiva amorosamente di essere parte armonica della Natura, come le api, come i fiori, come gli alberi, come le fonti, come le grotte, come i venti e come le nubi, e come la luce e come la Luna e la Notte. Al centro stava Colei che sebbene fosse senza nome, pure aveva molti nomi: la Signora del Labirinto, che era Luna, e dunque anche Dèa Natura. Al centro non stava l’umano, bensì il numinoso e il naturale; non l’uomo, bensì la donna. Così, la Signora del Labirinto, di cui l’iscrizione antica attesta che in sacrificio riceveva miele, ci conduce a ciò che un tempo precedette il patriarcato, la civiltà greca e la stessa civiltà cretese: la religione della Dèa più arcaica, la Luna ctonia, la Madre, la cui voce si può ancora udire…
Note
1. «Inni omerici», IV, «A Hermes», 562.
2. Kerenyi, pp. 152, 168.
3. Porfirio,«De antro», 16.
4. «Così Melissa-Selene (non è forse—la prima notte del plenilunio—il disco lunare una grande coppa colma di miele dorato?) largiva al piccolo Zeus nella grotta del monte Dicte, tutta sussurrante dell’operoso ronzio delle piccole mèlissai, che ogni anno rivedevano miracolosamente rifarsi liquido e ribollire il sangue puerperale di Rhea, una sintesi prodigiosa di sapori e di odori passati attraverso al suo corpo divino.» Uberto Pestalozza, «Selene Hecàte», in «Nuovi saggi di religione mediterranea», p. 54.
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Fonti
Gimbutas, Marija, «The language of the Goddess», New York, Thames & Hudson, 2001.
Jesi, Furio, «Germania segreta: miti nella cultura tedesca del ’900», Milano, Silva, 1967.
Kerenyi, Karoly, «La dea Natura», in «Miti e misteri» (introduzione di Furio Jesi), Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 237-269.
Kerenyi, Karoly, «Nel labirinto», Torino, Bollati Boringhieri, 2004.
«Inni omerici» (a cura di Filippo Cassola), Milano, Mondadori, 1994.
Marconi, Momolina, «Melissa dea cretese», «Athenaeum», XVIII, III, Luglio 1940, pp. 164-178.
Marconi, Momolina, «Da Circe a Morgana» (a cura di Anna De Nardis), Roma, Venexia, 2009.
Omero, «Iliade», XVIII, 590 ss.
Omero, «Odissea», XI, 23 ss.
Pestalozza, Uberto, «Culto lunare e religioni misteriche», «Selene e la mitologia lunare nel mondo religioso preellenico», «Selene Hecàte», in «Nuovi saggi di religione mediterranea», Firenze, Sansoni, 1964, pp. 11-72.
Pestalozza, Uberto, «Eterno femminino mediterraneo», Vicenza, Neri Pozza, 1996.
Porfirio, «L’antro delle Ninfe» (introduzione, traduzione e commento di Laura Simonini), Milano, Adelphi, 2004.
Riemschneider, Margarete, «Miti pagani e miti cristiani: Fonti delle saghe del Graal e di Artù e loro relazioni», Milano, Rusconi, 1997.
Violet, «Melissa: Signora di Api e di Miele», Il Tempio della Ninfa, Agosto 2009.
Violet, «La porticina magica», Il Tempio della Ninfa, Ottobre 2009.
(http://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Simboli_danzaspirale.htm)

Ley Lines o Vene del Drago

Ley Lines o Vene del Drago

http://www.jiroolcott.com/images/St_Michael_St_Mary_Alignment_Map_Big.jpg
http://www.simonthescribe.co.uk/stmichael.jpg
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Le Ley Line

Sono flussi energetici paragonabili a fiumi che scorrono sulla superficie terrestre  completamente dritti di larghezza variabile dai 3 ai 30/40 metri, che scorrono con un’altezza stimata che va dai 5 ai 30 metri. Anche la loro intensità è variabile e dalle nostre misure va dai 6/7000 bovis, ai 15/16.000 bovis per le ley line più potenti, quelle sopra le quali sono costruite la maggior parte delle cattedrali romanico-gotiche.
Queste potenti energie telluriche erano conosciute molto bene dai cinesi che le chiamavano”Vene del Drago”.

Una ley line è portante
, cioè è unidirezionale esattamente come un fiume e si trascina dietro le energie sottili che incontra sul suo cammino, pulite e congeste ma essendo molto più potente del vento di nord-est, spesso riesce a neutralizzare essa stessa le congestioni che incontra sulla sua strada.
Questo dipende dalla potenza della stessa ley line e dall’intensità della congestione.
Se per esempio la vostra casa è posizionata a valle dello scorrimento di una ley line e questa prima incontra una discarica, molto probabilmente la vostra casa sarà interessata dalla congestione sottile della discarica stessa. Se invece la distanza dalla discarica o da una centrale elettrica è notevole, se la line è potente, riuscirà essa stessa a ripulirsi e ad attraversare poi la vostra abitazione senza congestioni.
A questo riguardo ci sono due tipi di pensieri riguardo ad avere una casa posizionata su una ley line: uno di questi dice che è meglio non abitarci e dormirci sopra perché la sua energia, pur essendo per noi benefica, è troppo intensa. L’altro pensiero è diametralmente opposto e cioè dice che se si abita in una casa attraversata da una ley line, si vive meglio.
Mi rispecchio molto in questo secondo pensiero ma forse la verità, come spesso accade, sta in mezzo, nel senso che dipende da molti fattori quali la potenza della line e le caratteristiche energetiche di chi ci vive.
Una cosa molto importante da dire è che in un’abitazione attraversata da una ley line, è assente qualsiasi tipo di interferenza geopatogena; essa viene relegata ai bordi della ley line stessa, i nodi geopatici vengono “spostati” ai lati della ley line dalla sua potenza.
(http://www.geoshelter.it/visual_sottocat.php?lin=1&ID_sottocat=1813&titolo=geobiologia.php&titolo_cat=Geobiologia&titolo_sottocat=Le%20Ley%20Line)
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Le “Ley lines” (linee di prateria), sono vere e proprie linee rette, larghe circa due metri ed equidistanti tra di loro, che percorrerebbero l’intera superficie terrestre, incrociandosi tra loro in modo da formare una rete. Le ha teorizzate l’inglese Alfred Watkins alla fine del secolo scorso. Nei punti in cui le Ley Lines si incrociano, sorgerebbero antichi templi e monumenti funebri pagani. Sotto di loro scorrerebbero spesso acque sotterranee o sarebbero presenti filoni di minerali metallici. I luoghi energeticamente speciali si trovano, in molti casi, lungo queste linee. Secondo alcuni studiosi russi, le Ley Lines costituirebbero una griglia di energia sulla quale si fonderebbe la struttura stessa della Terra.
L’Italia è attraversata da alcune di queste linee. Una passa per L’Aquila.
Le coordinate geografiche della citta de L’Aquila sono: lat. 42,21 – long. 13,23. La somma della latitudine è 9, la somma della longitudine è 9, vale a dire “99”, l’enigmatica cifra inscindibilmente legata con la città fondata da Federico di Svevia. Secondo la leggenda, Aquila è la città delle 99 chiese, 99 fontane e 99 piazze; il campanile della torre civica ogni giorno suona 99 rintocchi.
Geograficamente è sistemata esattamente su uno di questi nodi magnetici, anzi, su uno dei più potenti del mondo dal momento che è al centro della linea che lo attraversa, un segmento che parte da Giza e arriva a Stonehenge, dalle piramidi ai monoliti. Il tracciato attraversa in linea retta Giza, Castel del Monte (dove c’è il misterioso castello di Federico II), L’Aquila, Chartres (clicca qui)e appunto Stonehenge. Nelle carte isogoniche, vale a dire la rappresentazione della figura della sfera terrestre su una superficie piana con il minor numero di deformazioni possibile e la proiezione dei meridiani e paralleli, la linea diventa più o meno la stessa, con in aggiunta la sorpresa che la trasversale si dirige verso Gerusalemme. La cosa straordinaria è che in ogni luogo passante per la cosiddetta “linea sacra” vi sono riferimenti numerici comuni come il numero 74, che rappresenta un valore astronomico di primaria importanza essendo la quinta parte di un millesimo di grado della circonferenza equatoriale terrestre.

La linea magnetica che attraverso Giza, Castel del Monte (Andria), L’Aquila, Chartres e Stonehenge.

La Ley line dell’Arcangelo Michele parte da S. Michel Moint in Cornovaglia, tocca Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di S. Michele nella valle di Susa, il santuario pugliese di Monte S. Angelo, quello dell’isola di Simi per terminare nel Sinai.

Per vedere la Ley line che unisce Mont Saint MIchel, la Sacra di San Michele e Monte Sant’Angelo
clicca qui
(http://forum.premashanti.org/t1317-le-ley-lines)
LA SACRA DI SAN MICHELE

Questo bellissimo luogo dedicato a Michael, sorge nel punto centrale di una linea che collega Mont Saint Michel con Monte Sant’Angelo, alla distanza di mille chilometri da uno e dall’altro luogo.
http://photos-d.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-snc6/265016_236088646415252_100000423545691_857859_5877187_s.jpg

http://www.themanyfacesofspaces.com/Skellig_Michael_-_St_Michael_Axis.jpg

La leggenda della creazione





La leggenda della creazione

 
Molto, molto tempo fa il mondo dormiva tra le braccia dell’oscuro vuoto.
Da questo nulla, lo Spirito formò la nostra Signora dell’amore infinito. La Signora danzò
nei cieli, e i suoi piedi battevano il ritmo della creazione. Scintille di luce sprizzarono
dai suoi capelli, dando vita alle stelle e ai pianeti. Mentre la Dea ruotava nella danza,
questi corpi celesti iniziarono a muoversi con lei nella divina sinfonia dell’universo.
Accelerando la danza, creò i mari e le montagne. Cantò parole d’amore e di gioia e i suoni,
cadendo sulla Terra, diedero vita alle piante e ai fiori.
Dal puro bianco del suo respiro derivarono i colori dell’universo, trasformando tutte le
cose in vibrante bellezza.
Dallo spumeggiante riso nella sua gola derivarono il suono argentino dei ruscelli, la dolce
vibrazione dei laghi e il ruggito degli oceani. Le sue lacrime di gioia divennero la
pioggia della nostra sopravvivenza.
Quando la sua danza rallentò, e la Dea cercò un compagno per condividere le meraviglie del
mondo, lo Spirito creò il suo compagno e sposo.
Poiché ella amava così tanto la Terra, lo Spirito creò il suo compagno per metà spirito e
per metà animale, perché assieme potessero popolare il nostro pianeta.
Il potere del Signore passa attraverso lei, che elargisce la sua benedizione alla Terra e a
tutto ciò che vive su di essa. Assieme, il Signore e la Signora, crearono gli uccelli, gli
animali, i pesci e l’umanità.
Per proteggere l’umanità e guidarla, il Signore e la Signora crearono gli angeli e gli
spiriti. Queste energie si muovono costantemente tra noi, anche se il più delle volte non
li vediamo. A ogni uccello la Signora donò un canto magico, e a ogni animale il Signore
diede l’istinto di sopravvivenza.
Il Signore è il rettore del regno animale e vegetale, e perciò la sua testa è adornata di
corna di cervo. Il suo aspetto, per metà uomo e per metà animale, rivela la sua gioia per
entrambe le creazioni dello Spirito, quella umana e quella animale.
Quando l’umanità iniziò a crescere e a prosperare, il Signore e la Signora videro che nel
regno umano c’era bisogno di guaritori. Perciò trassero energia dal reame degli angeli, dal
regno animale e dal regno umano per creare le Strege. Le Streghe avevano in sé la
conoscenza del Signora e della Signora, la capacità di curare e le arti magiche.
La Signora insegnò alle streghe a tracciare il cerchio magico per parlare con lo Spirito, e
il Signore insegnò alle streghe a comunicare con gli spiriti dell’Aria, del Fuoco, della
Terra e dell’Acqua, con gli animali e con i vegetali.
All’inizio gli uomini accettarono le streghe e le trattarono bene, ma poiché erano diverse,
alcuni uomini iniziarono ad aver paura delle Sapienti del Signore e della Signora. Così le
streghe si trasformarono nei bambini Nascosti, celebrarono i loro riti di energia positiva
in segreto, a rischio di venire catturate e messe a morte dagli umani che le temevano.
Mentre il mondo si oscurava sempre di più a causa dell’ignoranza e dell’odio creati
dall’umanità stessa, la Signora prese la forma della Luna per simboleggiare la luce
tranquilla della sua perfetta pace, e il Signore prese gli ardenti raggi del Sole a simbolo
della forza del perfetto amore.
Una volta al mese, quando la Luna è piena, le streghe ricordano e celebrandole benedizioni
che la Madre ci elargisce. Evochiamo la sua energia perché ci aiuti a prenderci cura di noi
stesse, delle nostre famiglie, dei nostri amici dell’intero pianeta.
Quattro volte l’anno, mentre il Sole si muove nelle stagioni, le streghe celebrano le feste
del fuoco, onorando il Signore e il suo amore per noi.
Agli equinozi e ai solstizi, le streghe celebrano il ciclo della vita e i dono della Terra.
La Signora ha molti nomi (Iside, Astante, Bride, Diana, Aradia, e migliaia di altri), ed è
accanto e dentro ogni donna di qualunque razza.
Anche il Signore ha molte facce, dal poderoso Cernunnus al delizioso Pan. Ci protegge e ci
guida, e abita, in ogni maschio di qualunque razza.
Quando il tuono romba nei cieli e il fulmine scoppia, sono il Signore e la Signora che
danzano il mito divino della creazione; così ci ricordiamo di loro e sappiamo di non essere
soli. Quando il Sole sorge ogni mattina, ci rallegriamo del suo amore per noi; e quando la
Luna attraversa le sue fasi, comprendiamo il ciclo di nascita, crescita, morte e rinascita,
in quanto natura del genere umano.
Quando viene la nostra ora, le streghe passano nella Terra dell’Estate. Attraverso lo
Spirito che scorre nel Signore e nella Signora, qui impariamo altre cose sulla Musica
dell’universo per ritornare, una vita dopo l’altra, a servire i nostri fratelli e le nostre
sorelle.
In ogni vita, lo Spirito ci conduce attraverso varie esperienze di apprendimento,
preparandoci così per la nostra missione individuale. A volte rinasciamo già tra i nostri
simili, altre volte dobbiamo invece cercare la nostra famiglia spirituale. Molte di noi non
ricordano la scelta fatta fino all’età adulta, mentre altre si ricordano spontaneamente
della loro eredità sin da quando iniziano a pensare autonomamente. Noi siamo le streghe, le
rappresentanti dello sviluppo della conoscenza sul nostro pianeta. Siamo i Bambini
Nascosti, ritornati dalla morte. Siamo gente, il potere, il cambiamento, e ci siamo
incarnate in ogni razza e ogni cultura. Siamo gli angeli della Terra.
(Silver Ravenwolf)

Draghi dei 4 Elementi



IL DRAGO DI FUOCO



“Draig‑teine
Trasmutazione, Maestria, Energia

L’immagine mostra il drago fiammeggiante della visione di Re Uther. In lontananza scorgiamo Glastonbury Tor. La leggenda parla di una caverna segreta sulla cima della collina, forse usata per cerimonie di iniziazione. Draghi fiammeggianti spesso sono a guardia di tali caverne, per guardarle dalla dissacrazione di gente avida e per offrire i loro tesori a chi li merita. In prirno piano, appoggiato a una roccia, un ornamento d’oro ‑ un collare celtico che indica rango elevato, posizione di comando e maestria.

Draig‑teine porta vitalità, entusiasmo, coraggio e una notevole capacità di superare gli ostacoli e di trovare l’energia necessaria per affrontare i problemi della vita. Avere il potente Drago di Fuoco come alleato ti farà immediatamente capace di esprimere le qualità necessarie ad essere leader o maestro. Con molta attenzione e capacità, il drago darà carburante al fuoco interiore che potrà essere diretto e canalizzato con una precisione quasi da laser per aiutarti a superare prove e raggiungere obiettivi.


LA TRADIZIONE DEL DRAGO Di Fuoco

A lui che, fiammeggiante, cerca tumuli sepolcrali,
Lui, il mellifluo e vendicativo drago che vola per la notte,
Avvolto nelle fiamme; ogni uomo lo teme grandemente
Beowulf

Il padre di Re Artù, Uther, una volta ebbe la visione di un drago fiammeggiante. Rimase così colpito da chiedere immediatamente ai suoi sacerdoti druidi di spiegargliene il significato. Gli fu detto che un tale drago fiammeggiante significava che sarebbe diventato re. Uther decise allora di chiamarsi “Pendragon”, che significa “Testa di Drago”. Fu a quel punto che il drago divenne l’emblema araldico e l’animale totemico della più grande linea di discendenza di re inglesi ‑ i Pendragons.

Questo fatto, che segna le fondamenta della storia di Artù, ci dà l’opportunità di comprendere il Drago di Fuoco. Ognuno dei quattro draghi, quello d’acqua, di terra, di aria e di fuoco, rappresenta energia e potere, ma ognuno media le stesse energie in un modo diverso e, alla fine, saremo chiamati a integrare ed armonizzare questi quattro differenti tipi di “energia dragonica” nel nostro essere. L’energia del Drago di Fuoco ha a che vedere con l’essere re, l’essere leader, il governare, l’essere maestri. Per questo i Druidi furono capaci di interpretare con tanta accuratezza la visione di Uther. Si dice che suo figlio, Artù, portasse un drago dorato sull’elmetto a simboleggiare il suo rango, e il drago di fuoco ha continuato ad essere simbolo, da allora, di autorità e potere.


MERLINO E I DUE DRAGHI

La leggenda racconta che la bandiera gallese, che mostra uno di questi draghi, derivi dal tempo in cui il Re Vortigern scoprì di non essere capace di costruire la sua fortezza a Dinas Emrys perché le fondamenta di pietra crollavano continuamente. Merlino, che ancora era un ragazzo conosciuto come Emrys, fu portato a corte e, con la sua visione mistica, riuscì a spiegare che due draghi stavano combattendo in un lago sotto la fortezza scuotendone le fondamenta. Uno era rosso e rappresentava i Bretoni, l’altro era bianco e rappresentava i Sassoni. Re Vortigern ordinò di scavare in profondità per vedere se Merlino dicesse la verità o meno. Furono trovati entrambi i draghi, che cominciarono a combattere. Alla fine il drago rosso vinse e diventò l’emblema del Galles.




IL FUOCO DEL DRAGO

1 draghi di questi racconti di antica tradizione sono raffigurati come maligni, ma nella tradizione dei Druidi il drago di fuoco ha una valenza neutra ‑ di fatto, il drago è maligno o benigno in accordo al nostro grado di evoluzione. Non tutta la conoscenza può essere usata da tutti, non ogni potere può essere usato da tutti. Sono ben noti i pericoli nei quali si può incorrere se potere e conoscenza cadono in mani corrotte. Il drago di fuoco è maligno soltanto se è incontrato da chi non è preparato o non è sufficientemente forte da potere sostenere le energie che rappresenta ‑ a questo punto ci si può sentire esauriti o “bruciati”. Il Drago di Fuoco è a guardia del tesoro del Fuoco Interiore che brucia in ognuno di noi e che nella tradizione druidica è chiamato Fuoco del Drago, o Nwyre, ma che comunque è più vastamente conosciuto in Oriente con il nome di Kundalini. Questo fuoco circola attraverso i nostri centri psichici, o chakra, e il suo risveglio prematuro, indotto con l’uso di droghe o di tecniche esoteriche non appropriate, può portare a gravi disturbi psicologici e persino a malattie fisiche. Non c’è da meravigliarsi, quindi, che il drago che sta a guardia di questa potente energia sia raffigurato come feroce, per le gravi conseguenze che possono derivare dal cattivo uso della sua potenza.”


IL DRAGO D’ARIA – DRAIG-ATHAR 
 
“Ispirazione, Visione Interiore, Vitalità

 
 
Il disegno mostra uno dei dragoni di Beli che vola alto sulla magica città di Dinas Affaraon in Snowdonia. Lontano, un fulmine ci ricorda che Draigathar è uno dei servitori del Dio Cielo.
Il Drago d’Aria. Venire in contatto con il drago d’aria può avere un effetto fulminante per psiche e intelletto, ed è per questo che va trattato con attenzione e considerevole rispetto. A volte si manifesta con improvvisi lampi di illuminazione. Draig‑athar porta visione e chiarezza al tuo pensiero e alla tua immaginazione. Come vettore di poteri divini, il drago d’aria può essere visto come un messaggero del Dio del Cielo.
LA TRADIZIONE DEL DRAGO D’ARIA

Da qualche parte nelle regioni montagnose di Snowdonia, in Galles, si trovano i resti dell’antica città di Emrys, dimora degli alchimisti druidi conosciuti come Pheryllt. Nella tradizione gallese, questa città di ambrosia era anche conosciuta come Dinas Affaraon ‑ la “Città dei Poteri più Alti”. Qui abitavano i draghi di Beli, una delle principali divinità britanniche. Il bardo Taliesin descrive uno di questi draghi nel suo poema Protection of the Honey Isle: “Una profonda caverna si apre davanti a me, e grandi rocce le fanno ombra. Il drago esce e striscia verso le coppe del canto”.

Dalle caverne sovrastanti la campagna, i draghi emergevano per essere attaccati al carro della dea Ceridwen. I draghi d’aria, principalmente volano liberi e solitari. Nel Devon si crede che ogni notte un drago voli attraverso la Valle di Exe fra le fortezze sulle colline di Cadbury e Dolbury Hill, a guardia dei tesori là sotterrati. Anche in Devon, draghi volanti sono stati segnalati a Winkleigh, Challacombe ad Exmoor, e vicino alle miniere di stagno di Manaton. Quest’ultimo, in particolare, per quanto non più grande di un essere umano, emetteva un sibilo che poteva essere udito a miglia di distanza.
A Henham, nell’Essex, un drago lungo otto o nove piedi con grandi occhi, denti minacciosi e ali singolarmente piccole, fu visto parecchie volte volare nella vicina foresta, e a Somerset un drago che sputava fuoco volava regolarmente sopra le paludi da Curry Rivell a Aller, seminando il panico nei cuori degli abitanti dei villaggi non appena sentivano “il sibilo del battito delle sue ali”.
Alcuni scrittori hanno immaginato che i corridoi aerei dei draghi seguano e rappresentino le “linee del drago” dell’energia terrestre che scorre nelle campagne, a volte da un sito sacro ad un altro. Altri hanno ipotizzato che le luminose teste e le scure code biforcute delle comete che passavano vicino alla terra fossero diventate, nella tradizione e nella mitologia popolare, draghi volanti che sputavano fuoco. I racconti di draghi non possono essere nati da memorie del passato tempo dei dinosauri ‑sessanta milioni di anni separano l’ultimo dinosauro dal primo umano sulla terra. Ma alcune storie possono essere state inventate da malfattori per tenere la gente alla larga da caverne o nascondigli nelle foreste dove nascondevano i loro tesori. Altre ancora possono essere originate dalla fuga di rettili esotici da serragli privati, o da scrittori o editori per abbindolare un pubblico ingenuo. Per nostro conto sappiamo di storie nelle quali pericolosi cinghiali o cattivi proprietari terrieri sono stati, per i loro modi, ritratti come draghi. Ma nessuna di queste spiegazioni può giustificare adeguatamente l’universale presenza del drago nelle tradizioni e nei miti di ogni cultura in tutto il mondo ‑ compresa quella dei Druidi e del Celti.

DRAIG‑ATHAR SERVITORE DEL DIO DEL CIELO

Ci sono prove, comunque, che certi draghi d’aria possano essere interpretazioni poetiche o creative di insoliti fenomeni nei cieli. Un tornado può apparire inquietantemente “vivo”, e ai draghi di Longwitton nello Yorkshire, e di Torrylin ad Arran fu riconosciuta la capacità di trasformarsi in trombe d’aria. L’anno 793 d.C. è stato descritto in una cronaca dei tempi come l’anno nel quale “terribili segni si presentarono sulla terra dei Nortumbriani, seminando tristezza e terrore. Questi segni erano immense strisce di luce che passavano veloci nell’aria, trombe d’aria, feroci draghi che volavano per il firmarnemo”. Mille anni dopo, in Scozia, “molta gente di campagna poté osservare fenomeni non comuni nell’aria, definiti draghi, apparizioni di colore rosso acceso che venivano da Nord e volavano rapidamente verso Est”. Che si creda o meno che questi fenomeni fossero in realtà spiegabili con la presenza di meteoriti, improvvisi schiarimenti, aurore boreali o UFO, rimane il fatto che non possiamo allo stesso modo spiegare le cronache che ci parlano di draghi di terra ed acqua, e nemmeno quelle che ci parlano di draghi d’aria e che ovviamente non sono collegabili a fenomeni celesti.

Storie di questo genere si possono trovare nella tradizione del Galles. A Penmark Place, nel Glamorgan, la gente parla spesso di scorrerie di serpenti alati o draghi. Nelle foreste vicino a Bewper vivevano un “re ed una regina” draghi e, a Penllyne, un anziano intervistato nel 1900 riferiva di averli visti volare “con grandi ali luminose spiegate, a volte con occhi che ricordavano quelli delle piume di pavone”. Un anziano insisteva sulla verità delle sue affermazioni e si preoccupava di precisare che non erano “vecchie storie inventate per spaventare i bambini”. Suo padre e suo zio avevano ucciso alcuni di questi animali che avevano l’abitudine di rubare il loro pollame.
Nella tradizione dei Druidi, il drago volante è una creatura del Dio del Cielo ‑ proveniente magari dalla costellazione Draco, vicina alla Stella Polare. Rappresenta la discesa dello spirito, una visita da un altro mondo, un invito a salire a più alti livelli di coscienza. Come il fulmine e il tuono, il drago può essere terribile, portatore di distruzione. Ma se trattato con rispetto e se preso come un alleato, può aiutarci a viaggiare nel mondo dello spirito, a spingerci ancora più avanti nella ricerca dell’illuminazione.”





IL DRAGO D’ACQUA
Draig‑uisge

Passione, Profondità, Collegamento



Il disegno mostra un grande drago di mare la cui “testa era come una montagna e i cui occhi erano come laghi tondi, scurissimi e profondi”. Vivendo al largo delle coste della Scozia del Nord, poteva essere pacificato soltanto con l’offerta di sette vergini, legate mani e piedi e stese su uno scoglio vicino al mare, ogni sabato. Un giovane di nome Assipattle lo uccise guidando una barca nel suo corpo e incendiandogli il fegato. Alla morte del drago, l’esplosione della sua lingua coincise con la nascita del Mar Baltico. Schizzando fuori, i suoi denti crearono le Orkneys, le Shetlands e le Isole Faeroe. Infine si attorcigliò stretto e si abbattè sulle acque ‑ un’antica tradizione popolare dice che l’Islanda sia il suo corpo e che il suo fegato sia ancora in fiamme sotto la sua bruciante crosta.

Il Drago d’Acqua porta alla luce quanto è nascosto. Memorie e desideri che possono anche essere stati a lungo dimenticati e repressi nell’Inconscio, possono emergere spaventandoci o confondendoci con la loro apparente negatività o distruttività. Affrontare queste esperienze con compassione e coraggio, alla fine, ci porterà ad un’esperienza di maggiore profondità d’animo e ad un più grande senso di collegamento con la vita.
LA TRADIZIONE DEL DRAGO D’ACQUA

Una domenica mattina Lambton andò
A pesca nel Wear,
E prese un pesce all’amo.
Pensò che doveva essere molto grande,
Ma che razza di pesce era mai
Il giovane Lambton non poteva dirlo;
Non avrebbe potuto portarlo a casa,
E così lo gettò in un pozzo


Proprio come si dice che la vita sia sorta dalle profondità primordiali degli oceani, così si dice che il drago in origine non fosse che un grande serpente o creatura simile ad anguilla, a volte con coma, che viveva nei pozzi, nei laghi o nel mare. Più avanti, nello sviluppo delle mitologia a lui riferita, al serpente crebbero piccole ali e due zampe, ed è qui che diventò Wyvern, finalmente trasformatosi nel Drago a quattro piedi con grandi ali nervate e coda dentata. Alcuni di questi esserii lasciano il loro habitat d’acqua per vagare tra le colline e terrorizzare la gente di campagna, ma altri rimangono nell’acqua, e sono descritti come mostri d’acqua o di mare, il più famoso dei quali vive a Loch Ness.

Il primo incontro con questa creatura di cui si ha traccia ci dice di Santa Columba che salva un amico che stava nuotando nel fiume Ness. Quando il mostro emerse affiorando dietro al nuotatore, la bocca aperta per inghiottirlo con un ruggito, Santa Columba urlò: ‘Termati, non toccare quell’uomo. Vattene via”. E la creatura obbedì.

Il mostro di Loch Ness non è unico: i mulinelli del Fiume Taff a Cardiff e il lago di Llyn‑y‑Gader a Snowdonia sono noti per i mostri o draghi d’acqua che velocemente possono divorare chiunque sia sufficientemente sfortunato da trovarsi a loro tiro, lasciando nell’acqua, in pochi minuti, rosse spirali di sangue.

SOGLIE PER L’ALTROMONDO

Che il drago sia pienamente accessoriato, che sputi fuoco dalla bocca, o sia di una forma meno evoluta, simile a un grande serpente, nella maggior parte delle storie che si riferiscono a draghi troviamo una significante preponderanza dell’elemento acqua in tutte le sue forme ‑ fiume, pozzo, stagno, lago, palude, acquitrino, mare.
Un’ acqua, e in particolare le sue sorgenti, era sacra alla tradizione dei Druidi, che consideravano anche questi luoghi come soglie d’accesso al Mondo Sotterraneo o all’Altromondo. Dal momento che il drago è una creatura dell’Altromondo, è assolutamente naturale che debba emergere da tali soglie magiche. In termini psicologici, l’acqua rappresenta l’Inconscio e l’emergere di dragoni dal mare, da pozzi o laghi, rappresenta il sorgere alla consapevolezza di complessi irrisolti o repressi o di desideri e spinte distorte. Il distruttivo drago d’acqua simboleggia perfettamente la natura devastante di certi contenuti della psiche che, per la guarigione del sé, richiedono trasmutazioni che possono essere simbolicamente messe in relazione alla morte.

Si dice che un drago di questa natura sia vissuto per più di mille anni in uno stagno chiamato Knucker Hole, a Lyminster nel Sussex. Alimentato da una sorgente sotterranea, si pensava che il laghetto non avesse fondo (in realtà è profondo una trentina di piedi) e che fosse la residenza di Knucker il Drago.


1 draghi d’aria e di terra di solito non sono pericolosi, se non disturbati, ed è davvero raro che la terra o il cielo si presentino a noi minacciosamente. Ma gli elementi del fuoco e dell’acqua possono, al contrario essere pericolosi, e il drago d’acqua può sopraffarci emotivamente buttandoci nello sconforto e nell’autocommiserazione. Ma se lo avviciniamo con attitudine amichevole, lo mettiamo in relazione a noi più come alleato che come nemico, può portare passione, compassione, profondità di sentimento e un vero senso di collegamento con l’umanità intera ed il mondo della natura.



“DRAGO DI TERRA
Draig‑talamh



 Potere, Potenziale, Ricchezze

Il disegno mostra un drago attorcigliato che fa la guardia a un tesoro nella sua caverna. Un vecchio abitante del villaggio gallese di Penllyne, morto al passaggio del secolo, insisteva che suo padre e suo zio avessero ucciso alcuni di questi draghi. In gioventù li aveva visti avvolti a spire quando riposano, sembravano “come coperti da gioielli di ogni tipo. Alcuni avevano creste scintillanti con i colori dell’arcobaleno”. Se disturbati, se ne scivolavano via rapidamente, “spargendo scintille ovunque”, verso i loro nascondigli.

Il Drago di Terra ci porta a confrontarci con il nostro potenziale. In noi c’è una stanza del tesoro piena di ricchezze ‑ di potenzialità, di capacità che possiamo imparare ad usare. Può darsi che in passato l’accesso ci sia stato negato dal guardiano di questo tesoro. Ma ora stiamo arrivando a comprendere che questo guardiano, a volte feroce, non è in realtà che un aspetto di noi stessi. Man mano che impareremo a conoscere e ad amare Draig‑talamh, diventeremo anche capaci di schiudere i segreti del nostro cuore e simultaneamente ci troveremo a scoprire la bellezza e il potere che riposano nei cuori di quelli che ci circondano e nella terra stessa.
LA TRADIZIONE DEL DRAGO DI TERRA

Il drago sarà in un tumulo, antico, ricco di tesori
Beowulf

Ai piedi della grande figura di gesso del Cavallo Bianco di Uffington, nell’Oxfordwhire, si trova Dragon Hill. Si dice che lì San Giorgio uccise il drago, e che il terreno sia ancora oggi avvelenato dal sangue del mostro al punto di impedire che l’erba cresca in certe aree sulla sommità della collina. Alcuni hanno immaginato che il cavallo stilizzato che sta di fronte alla collina di fatto sia una rappresentazione del drago. Che sia vero o no, resta il fatto che drago e cavallo condividono l’associazione con l’energia della terra ‑ con il suo potere.

Anche se alcuni draghi leggendari sono fortemente connessi con soltanto uno dei quattro elementi, molti, al contrario, si dividono felicemente le caratteristiche di tutti gli elementi: dormono in buchi pieni d’acqua, avvolgono i loro corpi attorno alle colline durante il giorno e volano nel cielo o sputano fiamme quando lo desiderano. Quintessenzialmente alchemici, ci parlano di energie e potenze che esistono sia in noi stessi che in natura attorno a noi.

Lo scenario naturale è costantemente mutevole e alcuni studiosi ipotizzano che i Druidi praticassero la loro versione di quella particolare tecnica geomantica nota in Cina come Feng‑shui. Questa scienza naturale per creare armonia in natura richiede conoscenza delle correnti terrestri, o linee dei draghi che attraversano la terra, e dell’arte di sapere quali elementi fisici aggiungere o modificare per creare un’atmosfera che possa risultare sia esteticamente piacevole che energeticamente benefica. Da questo punto di vista, i draghi diventano linee portanti di correnti energetiche, e l’ “addomesticare il drago” è una metafora per la pratica geomantica o per le tecniche di “agopuntura alla terra” praticate dai rabdomanti che conficcano nel terreno paletti d’acciaio per controllare o deviare certe correnti nocive.

I GUARDIANI DEI TUMULI

In tempi antichi, tumuli e steli celebrativi, cerchi di pietre e singole pietre erette erano posizionati con un grande senso di riverenza per la terra e con la consapevolezza del loro intrinseco potere spirituale. Quando un tumulo era riempito di oggetti tombali di valore per accompagnare la morte del guerriero o del capo, è molto probabile che gli antichi Druidi invocassero gli spiriti guardiani a guardia dei tesori, proprio come i sacerdoti egiziani invocavano spiriti perché custodissero i tesori delle tombe reali e spaventassero i potenziali dissacratori. Nel corso del tempo questi guardiani hanno assunto sembianze di mostruosi draghi che custodivano gelosamente i loro tesori in tumuli come il “Tesoro del Drago” di Oxfordshire, i tumuli di Old Field nello Shropshire, i tumuli di Drakelow nel Derbyshire e nel Worcestershire, e il tumulo di “Drake Howe” nello Yorkshire. Esiste anche un lungo tumulo che si suppone contenesse le ossa di un drago ucciso e bruciato a Walmsgate, una corruzione di ‘Vorinsgate” (n.d.t.: worm ‑verme) nel Lincolnshire.

TESORI NASCOSTI E LA RICERCA INTERIORE

Certo è che non troviamo tesori soltanto nei tumuli sepolcrali. Anche tesori sotterrati in certe colline beneficiano della guardia di un drago, come il Wormelow Tump in Herefordshire e il Money Hill a Gunnarton Fell in Northumberland. Sotto la collina‑fortezza dell’Età del Ferro di Cissbury giace un deposito d’oro che può essere raggiunto soltanto attraverso un passaggio sotterraneo di due miglia; nessuno ha mai avuto successo nello scoprire il tesoro perché a mezza strada del tunnel si ergono due draghi guardiani.

La credenza nell’esistenza di draghi guardiani del tesoro è più forte in Galles che in Inghilterra, sebbene questi abbiano la tendenza a vivere nelle dense foreste e sulle colline solitarie piuttosto che in tumuli sepolcrali. Una caratteristica interessante di tutti i racconti che riguardano draghi di terra è che, a differenza di quelli di aria, di fuoco e d’acqua, questi hanno contatti minimi, quando ne hanno, con gli esseri umani ‑ nessuno cerca di ucciderli, né loro si lanciano in devastanti razzie nelle campagne circostanti. Se ne stanno piuttosto a riposare nascosti e inattivi, a meno che non vengano disturbati. Per quanto ritratti senza alcuna traccia di crudeltà, come un vulcano dormiente portano in loro un potenziale di minaccia e pericolo che potrebbe ridestarsi. Ognuno di noi, forse, ha in se stesso draghi di questo tipo a guardia delle sue ricchezze interiori. Partendo dal presupposto che nessuno debba violare lo splendore del nostro sé più profondo, il drago a volte può negare l’accesso a queste riserve di potere e di potenziali persino alla nostra coscienza che sta risvegliandosi.

Il drago di terra non lo troviamo soltanto nelle grotte o al centro dei tumuli o delle colline, lo troviamo anche attorcigliato intorno alle stesse. Un simbolo molto potente del viaggio di autoconoscenza e di ricerca spirituale è il labirinto, la spirale, che a volte riscontriamo nei solchi rilevati sui lati di certe colline, come quella di Glastonbury Tor, o quella di Bignor Hill nel Sussex. Secondo la leggenda del drago di Linton, la forma spiraliforme della Collina di Wormington venne a crearsi quando il drago, nei sussulti della sua morte, si attorcigliò intorno alla collina e si contrasse, strizzandola fino a farle assumere la forma che ha attualmente.

C’è un collegamento fra il drago che sonnecchia attorcigliato intorno alla collina o intorno al tesoro nella grotta del cuore e la creatura che noi scopriamo al centro del labirinto o della spirale. Sono entrambi aspetti di noi stessi ‑ entrambi possono essere visti come Guardiani di Soglia ‑ entrambi devono essere rispettati ed amati, ma anche sfidati, e forse addirittura in certi casi vinti. Che il labirinto sia quello classico a sette anelli, come quello che vediamo nelle incisioni del sesto secolo ritrovate a Hollywood, in Irlanda, e a Tintagel nel Cornwall, o semplicemente la triplice spirale trovata nei siti più antichi di Newgrange in Irlanda o di Achnabreck in Scozia, è opinione comune che questi simboli rappresentino il viaggio dell’anima dentro e fuori un’incarnazione. Se possiamo confrontare il drago guardiano della casa del tesoro dell’anima e dell’Altromondo con sincerità e umiltà, questa creatura ci guiderà attraverso il labirinto del cuore del mondo a trovare ispirazione e coraggio per rinascere nel tempo e nello spazio.”

Il drago e la bambina (Fiaba)



Il drago e la bambina


“C’era una volta una bambina di nome Cassandra che abitava nella più alta torre di una lugubre fortezza nascosta in un fitto bosco. Insieme a lei vivevano una maga brutta e perfida e un drago enorme ma buono. La bimba non lo sapeva, ma era in realtà una principessina. Anni prima, quando era ancora in fasce, era stata rapita dalla strega, irata col re suo padre per non averle concesso di diventare la protettrice del regno. Era stata quindi condotta nel vecchio castello ed allevata col solo scopo di servire la vecchia megera. Ma Cassandra non sapeva nulla di tutto questo: pensava di essere una povera orfanella che la strega, nella sua infinita bontà, avesse accolto nella sua casa. La donna le aveva infatti raccontato di averla trovata per la strada in una cesta e di averla sottratta a dei briganti che volevano raccoglierla e venderla. Ragione per cui la bimba le era infinitamente grata e, nonostante quella la trattasse sempre in malo modo, non poteva fare a meno di sorriderle e di soddisfare ogni suo desiderio.
Certo, la vita al castello per lei non era facile: ogni giorno doveva spazzare i pavimenti, spolverare i libri e lustrare tutte le ampolle delle pozioni tanto da farle brillare. Poi doveva pulire accuratamente tutte le vetrate colorate del maniero, perché alla strega piacevano i giochi di sfumature prodotti dalla luce del sole che le illuminava…………
………. La piccola Cassandra non aveva quasi mai un attimo di pace. Per fortuna, però, ad aiutarla c’era il suo inseparabile amico Berto, il drago.
Berto era grande come una casa, col corpo blu come il mare più profondo e le ali di un rosso caldo come il sole al tramonto. Aveva enormi occhi di un azzurro intenso come il cielo in una mattinata limpida, una cresta nera come una notte senza stelle e senza luna ed un muso così simpatico che la bimba proprio non capiva come riuscisse a spaventare qualcuno. Lui le dava una mano nelle faccende domestiche. Ad esempio, legava degli spazzoloni alla coda per poter pulire i pavimenti scodinzolando. O sbatteva le lunghe ciglia vicino alla libreria per spolverare in men che non si dica tutti i libri. O si sgranchiva le ali proprio davanti al filo del bucato in modo che questo, col movimento dell’aria, si asciugasse più in fretta. Insomma: si dava da fare in ogni modo possibile per aiutare la sua piccola amica.
E, quando tutti i doveri quotidiani erano stati portati e termine, si caricava la principessina sul dorso e insieme volavano via ad esplorare il mondo. Certo, di questo la strega non era molto contenta, ma il drago la aveva dato la propria parola d’onore che avrebbe sempre riportato indietro la piccola e che non le avrebbe mai permesso di scappare. E, nonostante la parola di un drago fosse sacra, la megera si era premunita di minacciarlo che, se non non fosse tornata, la piccola sarebbe morta.
E così scorreva la loro vita, tra il lavoro di ogni giorno e le grandi fughe. Berto mostrò a Cassandra luoghi incantevoli ed indimenticabili. La condusse attraverso i deserti divertendosi a cambiare la forma delle dune col movimento delle ali e a fare castelli di sabbia sulla riva degli specchi d’acqua nelle oasi. Sorvolò boschi e giungle soffiando leggermente tra le foglie degli alberi in modo che tutti gli uccelli si alzassero in volo e Cassandra potesse vederne gli sgargianti colori. Passò su città e paesi ridendo con lei nel veder fuggire spaventati gli abitanti, che dall’alto sembravano tante formichine. Sfiorò col grande corpo mari ed oceani, perché lei potesse assaporare gli schizzi di acqua salata e potesse scorgere le sagome dei grandi animali marini. Una sera la portò addirittura su nello spazio più profondo, perché potesse ammirare la luminosità di ogni stella del firmamento e potesse prendere un pugno di polvere di luna da conservare in una bottiglietta per illuminare la sua stanza di argentei bagliori.
La bimba crebbe, e crescendo divenne una splendida fanciulla. Ma non era solo bella: il lavoro di ogni giorno l’aveva resa energica, i libri della strega colta ed i viaggi col drago coraggiosa. Non fosse stata prigioniera, certo avrebbe avuto stuoli di corteggiatori. E il drago stesso, nonostante la conoscesse da sempre, non riusciva a non guardarla con occhi diversi. Tanto diversi, tanto dolci e tanto strani che, talvolta, la facevano arrossire.
Un giorno, mentre entrambi erano affaccendati nei loro mestieri, la strega corse nella stanza dove entrambi si trovavano gridando:
“Presto Berto! C’è un cavaliere alle porte della foresta! Chiede di Cassandra! Dice di essere venuto per liberarla e portarla via!”
Cassandra ebbe un fremito di gioia e rivolse lo sguardo verso l’amico drago per condividere con lui la sua emozione. Grande fu il suo stupore nello scorgere, negli occhi di lui, una strana espressione, come di tristezza e amarezza. La strega riprese ad urlare:
“Berto, non stare lì impalato! Vai a cacciarlo via! SUBITO!!!”
Il drago si voltò verso la principessa: aveva appena preso una decisione importante. Le sorrise, le fece un goffo inchino e volò via.
Cassandra non capiva: perché la strega non aveva usato la magia per allontanare l’intruso senza mettere a rischio la vita di Berto? Provò a chiederlo alla donna, ma costei le rispose che le sue decisioni non dovevano riguardarla.
Intanto Berto volava verso il cavaliere: sapeva che l’unico modo per liberare la principessa era quello di lasciare che l’uomo lo sconfiggesse. Lui avrebbe certamente perso la vita, ma la fanciulla avrebbe finalmente trovato la felicità e, forse, l’amore. Ma non poteva lasciarsi battere troppo facilmente, altrimenti la strega se ne sarebbe accorta e sarebbe intervenuta. Doveva essere furbo e fingere di combattere.
Arrivò finalmente ai margini del bosco. Tutto era silenzioso: sembrava che anche gli animali tacessero in attesa dello scontro. Il cavaliere gli si parò di fronte: era vestito di un’armatura splendente ed impugnava una spada affilata e lucente. Sotto l’elmo aveva uno sguardo fiero nei grandi occhi neri incorniciati da riccioli biondi. Per un attimo a Berto ricordò Cassandra. Dopo un breve scambio di sguardi feroci, la battaglia iniziò. I fendenti del cavaliere erano potenti e furiosi e il drago si difendeva debolmente con le grandi zampe. L’uomo avanzava con sicurezza ed ardimento, il drago indietreggiava facendogli credere di essere più forte. L’uno gridava per la rabbia, l’altro ruggiva per il dolore. Ogni soffio infuocato del drago era stranamente troppo alto per colpire il giovane o troppo debole per superare la sicura protezione del suo scudo. Alla fine Berto si arrese e, col cuore colmo di tristezza e paura, allargò le zampe in modo che il cavaliere potesse sferrare il colpo mortale. E così fu: la lama gli trapassò il petto e si conficcò nel cuore. Il drago, con le ultime forze rimaste, spiccò il volo: voleva vedere per l’ultima volta la sua principessa. Planò sulla grande terrazza della sua torre, dalla quale lei aveva seguito con terrore tutto il combattimento, e crollò tra le sue braccia. Le lacrime della fanciulla bagnarono il suo muso, e lui si sentì felice e pronto a morire. In quel mentre giunse sulla terrazza anche il cavaliere che, pensando che il drago fosse tornato per uccidere Cassandra, si avventò su di lui per finirlo. Ma la ragazza fu più veloce e protesse Berto col proprio corpo, ricevendo la spada dritta nel cuore.
Fu in quel momento che arrivò la strega che, alla vista della scena, lanciò un terribile urlo di rabbia. E l’urlo fu così forte ed acuto da frantumarla come fosse stata di cristallo. Fu allora che qualcosa di meraviglioso accadde: la fortezza si trasformò magicamente in un magnifico castello, la fitta foresta in un meraviglioso bosco costellato di graziose casette, ed ogni sasso in un uomo, una donna o un bambino. Il drago, lentamente, cambiò aspetto e divenne un bellissimo principe, con gli occhi di un azzurro intenso come il cielo in una mattinata limpida ed i capelli neri come una notte senza stelle e senza luna. Non appena si rese conto di ciò che era accaduto, abbracciò stretta a sé la principessa ormai senza vita. E pianse.
In quell’istante, dal nulla, comparve una fata.
“Io sono la fata protettrice del regno della principessa. Nulla potei fare quando fu rapita, ma lanciai un incantesimo grazie al quale la fanciulla sarebbe stata libera se un cavaliere, a costo della sua stessa vita, l’avesse liberata. E contro quel prode, nulla avrebbe potuto la magia della strega. Per questo ella non l’ha usata contro il giovane giunto a salvarla. Non piangete, mio bel principe. Nulla è perduto. L’amore che l’uno prova per l’altra ha spezzato l’incantesimo che vi legava alla strega e l’ha distrutta. Ora, finalmente, siete liberi.”
A quelle parole, Cassandra miracolosamente aprì gli occhi e tornò alla vita. E tutte le ferite del principe scomparvero. La giovane guardò sorpresa l’uomo che la sosteneva tra le braccia e riconobbe, nei suoi, gli occhi del suo amico drago. Lui le sorrise e le raccontò la sua storia.
“Sono il principe Dagoberto, e tutto ciò che vedi intorno a te fa parte del mio regno. Secoli fa la strega venne al mio cospetto chiedendomi di diventare la protettrice del mio regno. Per lei doveva essere una vera fissazione, visto che lo chiese poi anche a tuo padre. Avendo saputo della sua malvagità, la cacciai e lei, per vendetta, scagliò una terribile maledizione. Il regno si trasformò in una selva, le persone in sassi, il castello in un’oscura fortezza. Io stesso fui tramutato in drago e condannato a servirla in eterno, sotto la minaccia di veder scomparire per sempre tutto il mio paese. Vissi con la sola speranza di trovare un modo per distruggere la strega e salvare il mio popolo. Poi giungesti tu, principessa, a portare la gioia nella mia vita. La strega mi obbligò a non narrarti mai la tua vera storia, né la mia, ma a tenerti sempre sotto stretto controllo. Ed io ti vidi crescere, e alla fine mi innamorai di te. E quando questo cavaliere arrivò per trarti in salvo, capii che sebbene nulla potessi ormai fare per liberare i miei sudditi, avevo almeno la possibilità di donare a te la libertà. Andai verso la morte. Ma prima che la vita mi abbandonasse, volli darti l’ultimo saluto. Il resto lo sai. Il tuo coraggioso sacrificio ha rotto l’incantesimo e ti ha salvato la vita. Ora va’ col cavaliere che ti ha liberata. È a lui che spetta l’onore di averti al proprio fianco per la vita.”
A quelle parole il giovane, che fino ad allora era rimasto silenzioso ad ascoltare, sorrise.
“Principe Dagoberto. Ciò che ha spezzato il sortilegio è il vostro amore. E comunque io non potrei mai sposare Cassandra, perché sono suo fratello. Sono cresciuto con l’idea di liberarla e, non appena l’età e l’esperienza con le armi me l’hanno permesso, ho affrontato la sfida. E sono certo che mia sorella sarà felicissima di concedere a voi la sua mano.”
Nel tripudio generale, il terzetto fu accolto nel paese della principessa, dove lei poté finalmente riabbracciare i genitori ed i fratelli. Poi, tutti insieme, tornarono nel regno di Dagoberto, dove si celebrarono le nozze reali e dove la fanciulla ed il principe-drago vissero una vita lunghissima e felice”.

(fiaba di Alessandra Fella)